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Il Comune di Ponte di Piave conta 8352 abitanti (dati al 31.12.2017) su una superficie di 33 kmq.; si trova nella Regione Veneto; dista 20 km. da Treviso che è il suo capoluogo di provincia e 30 km. dalla meravigliosa città di Venezia.
Vicinissima inoltre è la città di Conegliano, sede della più antica Scuola Enologica Italiana.
Il territorio, completamente pianeggiante, ha un'altitudine massima sul livello del mare di 10 metri ed è attraversato dal Fiume Piave, al quale si deve un bellissimo ambiente naturale molto ricco di acque.
Geologicamente i terreni presentano un impasto medio per la presenza di limi alluvionali e sono particolarmente adatti alla coltivazione della vite che oggi rappresenta la risorsa fondamentale della Comunità.
Abitato sin dall'epoca pre-romana dall'antico popolo dei Veneti, grandi allevatori di cavalli, il territorio di Ponte di Piave ha conosciuto un particolare sviluppo dall'XI sec. grazie all'opera dei Monaci Benedettini che, presenti nell'imponente Abbazia di Busco, diffusero e migliorarono la coltivazione della vite.
Del passato rimangono moltissime testimonianze d'arte e tra queste si segnala la stupenda Chiesa di San Bonifacio Martire, risalente al X sec. d. C.
Il Comune fa parte dell'Associazione Nazionale "Città del Vino", istituita a Siena nel 1987, che ha come scopo la valorizzazione delle risorse ambientali, storiche e turistiche dei territori produttori di vini pregiati.
I Comuni aderenti sono tenuti ad osservare un codice di comportamento nel promuovere la cultura enologica italiana.
L'esperienza e la professionalità dei nostri vitivinicoltori sono note in tutto il mondo e a molti di loro, in un recente passato, si deve la diffusione della coltivazione della vite in molte nazioni extra europee.
Varie e pregiatissime sono le qualità di vino bianco e rosso prodotte dalle cantine del territorio e fra queste, si segnala il "Raboso Piave", un prezioso vino rosso frutto dì un antichissimo vitigno autoctono che ancora oggi trova sulle rive del fiume Piave il suo habitat ideale.
La nostra cittadina è stata scelta dallo scrittore Goffredo Parise come ultima dimora; Parise ha lasciato la propria abitazione al Comune di Ponte di Piave il quale, nel rispetto della vocazione del sito, l'ha destinata a centro di Cultura a lui intitolato, rappresentando così l'aspirazione della popolazione a coniugare benessere economico e amore per il sapere.
Nel corso del primo conflitto mondiale (1915-1918) Ernest Hemingway combattè in questi luoghi e venne ferito, come testimoniato da una stele posta sull'argine del fiume. Durante la sua permanenza in questi luoghi ebbe modo, da buon intenditore, di apprezzarne i vini.
BLASONATURE DELLO STEMMA CIVICO E DEL GONFALONE MUNICIPALE - Decreto del Presidente della Repubblica 1154 del 14.04.1980
Lo Stemma del Comune ricorda nel torrione l'antico Castello che vide grandi battaglie nel 1300.
STEMMA: d'argento alla torre di rosso di due palchi fondata su campagna di verde, murata, chiusa, finestrata di nero e cimata da una bandiera d'azzurro con l'asta di nero. Ornamenti esteriori da Comune.
GONFALONE: drappo troncato di rosso e di bianco riccamente ornato di ricami d'argento e caricato dello stemma sopra descritto con la iscrizione centrata in argento: Comune di Ponte di Piave. Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L'asta verticale sarà ricoperta di velluto dei colori del drappo, alternati, con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del Comune e sul fambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati d'argento.
Il paese di Ponte di Piave, con le sue frazioni, è situato sulla sponda sinistra del fiume, laddove per secoli le acque del Piave, scendendo dal monte Peralba, hanno spesso dilagato liberamente per le campagne, per essere poi contenute dagli argini che la Serenissima innalzò verso la metà del 1500. L’idraulica fu infatti una delle attività a cui lo stato marciano rivolse particolare attenzione istituendo, ancor prima del 1500, il Collegio dei Savi delle acque che aveva il compito di disciplinare la materia. Non sempre però l’accortezza dell’uomo è riuscita nell’intento di salvaguardare i paesi rivieraschi, come Ponte, dai straripamenti e dalle alluvioni. Infatti, a tutt’oggi, le conquiste dell’idraulica moderna non hanno saputo del tutto contrastato l’ira del fiume. Naturalmente le sue acque furono anche benefiche per le campagne durante le calde e siccitose estati. Non va dimenticato inoltre l’uso efficace che ebbe, nel lontano passato, il sistema di trasporto del legname dalla montagna alla pianura a mezzo della corrente del fiume (fluitazione). Il rapporto della gente del territorio di Ponte col Piave è sempre stato mutevole e anche tormentato: di amore e riconoscenza quando le sue acque acquistavano appunto virtù vantaggiose per le coltivazioni durante le arsure estive, di rancore invece ogniqualvolta si verificavano invadenti tracimazioni. Queste, prima del 1000 recavano danni alle cose e mietevano vittime, tra l’altro creavano il ristagno delle acque per i campi con la formazione di ampie zone paludose che si rendevano pericolose per il diffondersi della malaria. Dunque molte vicende di questi luoghi e di questa gente sono legati alla storia del Piave, agli eventi naturali che hanno coinvolto il suo alveo, al lavoro dell’uomo che ha interessato le sue rive.
Intorno a molti fiumi della terra non vi è altra storia che non sia legata, appunto,alla natura e alla vita dell’uomo che ne abita, o ne abitava, le rive. Ma qui a Ponte di Piave, un cartello posto all’inizio del ponte carrabile, avvisa: “FIUME SACRO ALLA PATRIA”. Dopo le disastrose giornate di Caporetto, durante la prima Guerra mondiale, Ponte di Piave rappresentò uno dei punti più avanzati dell’esercito invasore austro-ungarico. Si deve allora ricordare “l’epos”: la civiltà e la religiosità di questa terra, spesso fatte di cose semplici e umili, si fondono nella storia di Ponte di Piave con un evento bellico che trascende la veneticità per divenire epico e quindi mondiale come è stata la battaglia sul Piave nel giugno del 1918, dove gli eserciti dell’Impero austro-ungarico s’infransero. E il Piave mormorò: “Non passa lo straniero…”. E pronunciare il nome di questo fiume, mette ancor oggi emozione e turbamento. Il sacrario di Fagarè della Battaglia oltre il ponte ospita i corpi di più di 10.000 caduti, di cui 5000 rimasti ignoti. E Ponte di Piave subì, durante la battaglia del 1918, danni devastanti, anche ad opera del fuoco “amico”, in quanto l’esercito italiano si era schierato sulla sponda destra del fiume e dove, dai monti al mare, iniziò quella resistenza eroica e infine quella reazione che portò alla sconfitta dell’invasore e alla vittoria di Vittorio Veneto. Dopo l’armistizio iniziò presto l’opera di ricostruzione e già verso la fine del 1920 il paese presentava rimarginate in gran parte le sue ferite e la vita riprese. Le risorse di lavoro furono per molti anni prevalentemente di carattere agricolo. Il quadro delle nostre campagne era rappresentato dalle case coloniche, dalle grandi famiglie contadine piene di bambini che giravano scalzi tra anatre e galline, con il vecchio patriarca che distribuiva il lavoro e la saggezza, accumulate negli anni. Era la civiltà del territorio del Piave dove si poteva notare l’incontro di diverse culture, tra le quali principalmente quella contadina, locale, popolare, l’altra invece padronale, patrizia e cosmopolita. Culture ovviamente molto diverse, apparentemente addirittura divergenti, ma che in realtà non si sono mai, per così dire, voltate le spalle. Infatti testimonianza ed anche espressione della convivenza di questi equilibri culturali fra città e campagne sono le numerose ville sparse ovunque nei paesi di campagna, in vicinanza del Piave. La fame e i disagi derivati dal duro lavoro dei campi non aveva mai soffocato però la capacità della nostra gente di creare e di realizzare. Dalla civiltà contadina sono infatti fioriti molti piccoli mestieri, quelli immortalati dal poeta Andrea Zanzotto in un delizioso poemetto “I MISTIEROI”. E ci tornano alla mente “el carer”, “el marascalco”, “el justaombrele”,, “el calierer” , “el moleta”, “el caregheta”.
Passarono così gli anni e il paese di Ponte visse serenamente sotto il suo campanile. Le stagioni si succedevano tranquille, tutte eguali e nulla accadeva che non fosse prevedibile. Ma il 10 giugno del 1940 l’Italia entra nella seconda Guerra Mondiale. All’inizio era una guerra lontana, ma poi gli eventi bellici si avvicinarono e per il paese di Ponte, ancora una volta, furono anni bui e dolorosi. Il territorio piavense, questa volta, non fu terra di combattimenti tra eserciti ma dal 1944 i bombardamenti sui ponti del fiume e in parte anche sul paese, si susseguirono e molti sfollarono in territori più sicuri, lontani dal Piave. Poi, più tardi, la calata dei tedeschi, ex alleati, dopo che l’Italia aveva chiesto l’armistizio agli anglo-americani. Si aprì per la gente del Piave un periodo terribile: rastrellamenti, rappresaglie, l’incertezza quotidiana di sopravvivere. Nel mese di aprile del 1945 finalmente la fine della guerra. Il paese di Ponte si lecca le ferite e la vita ancora una volta riprende.
Infine, col passare degli anni, avviene la grande trasformazione, scompare il mondo contadino durato secoli e nasce la vocazione imprenditoriale. Il contadino pian piano lascia la terra a va ad affollare le fabbriche. Da quelle che furono le scuole di manualità contadina emergono poi col tempo, intorno al Piave intere legioni di artigiani, di piccoli e medi imprenditori, capaci di crescere e che daranno un notevole impulso industriale sino alla affermazione del mitico NORD-EST. Ponte di Piave, pur rimanendo legato alla coltivazione della terra, con particolare propensione ai prodotti dei suoi eccellenti vigneti, muta il suo volto e diviene un centro industriale.
Non più guerre per fortuna negli anni che seguirono, ma la notte fra il 4 e il 5 novembre del 1966 il Piave provoca una spaventosa alluvione e Ponte di Piave è uno dei comuni rivieraschi maggiormente colpiti a causa delle diverse falle degli argini in prossimità dell’abitato. I danni materiali furono gravissimi, ma subito la frenetica opera delle istituzioni e dei cittadini riportò rapidamente il tutto alla sua normalità.
Nei primi anni del 1970 si vide girare per il paese di Ponte una vecchia Renault verde, piuttosto scassata. A bordo vi era uno scrittore di nome Goffredo Parise. Era vicentino Parise, ma scelse prima Salgareda e poi Ponte di Piave come residenza liberatoria ai suoi difficili problemi esistenziali. Qui, sulle sponde del fiume, nacquero infatti molte pagine dei suo famosi Sillabari. Un altro grande scrittore veneto, Giovanni Comisso, il 24 aprile del 1955, mostrando a Parise il cielo che diradava le nubi tra le meravigliose Grave del Piave aveva sussurrato al più giovane collega: “vedi, la nostra narrativa è legata a questi cieli veneti e a questi paesaggi”. E Goffredo Parise lo ascoltò, a questo paesaggio e alla sua gente si legò e qui trascorse gli ultimi anni della sua vita. Oggi la sua casa di Ponte è un attivo Centro di cultura.