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Il 55° Reggimento Fanteria "Brigata Marche"

lun 30 mar 15

IL 55º REGGIMENTO FANTERIA “BRIGATA MARCHE”
Il cimitero di Valona, i caduti della Provincia di Treviso e quelli di Ponte di Piave
 
La Prima Guerra Mondiale oltre a coinvolgere nazioni di quasi tutto il pianeta, fu anche la prima a combattersi in tutti e tre gli spazi: la terra, l’aria e l’acqua, ed in tutti tre gli spazi fecero la loro comparsa nuovi mezzi e nuove armi sino ad allora sconosciute. Anche se non fu in acqua che vennero combattute le battaglie più importanti, il sottomarino divenne immediatamente una delle “macchine da guerra” più temute e letali. Infatti fu proprio al sottomarino che si legò la sorte di un intero Reggimento, per la precisione il 55º Reggimento Fanteria “Marche”, composto da moltissimi soldati originari del Veneto orientale (compreso Ponte di Piave) e per questo considerato anche “il reggimento di Treviso”.
Già nella seconda metà del 1914 la Serbia era praticamente accerchiata, dagli eserciti austroungarici su un fronte, e da quelli bulgari su un altro, ma nonostante ciò oppose una strenua resistenza e riuscì ad infliggere agli austroungarici due cocenti sconfitte, la prima all’Armata del Generale Frank, e la seconda ancor più pesante all’Armata del generale Potiorek. 
Il 55° Reggimento Fanteria "Marche", insieme al gemello 56°, si trovava dall'8 febbraio 1916 in Albania, nella zona di Valona, avendo fra gli altri anche il compito di aiutare la ritirata dell’esercito serbo, che dopo le vittorie conseguite si stava ritirando a marce forzate portando con sé oltre 40000 prigionieri austriaci, la cui destinazione finale era l’Asinara, fin dove sarebbero stati scortati dalla Marina Francese. Ma quando le prime avanguardie del 55° Fanteria riuscirono ad avvistare le truppe in ritirata, si trovarono di fronte una colonna dove sia i vincitori che i vinti erano per lo più scalzi e coperti di stracci, affetti da scabbia e colera, tanto che dei 40.000 prigionieri austriaci solo poco più di 3.000 giunsero vivi sull’isola Sarda. 
Il Tenente Generale Luigi CADORNA, avendo avuto sentore di una forte controffensiva dell’esercito austro-ungarico  sul fronte trentino e sull’Altopiano di Asiago, il 29 aprile 1916 ordinò il rimpatrio della Brigata "Marche" per contribuire alla costituzione di un Corpo d’Armata di Riserva  nella pianura vicentina. Nella notte tra il 7 e l’8 giugno 1916 il 55° Reggimento Fanteria si portò sulla spiaggia  di Valona ove l’imbarco ebbe inizio alle otto del mattino da uno dei moli del porto. Sul Piroscafo "Principe Umberto" trovarono posto il Comando del Reggimento al completo (Comandante Col. Ernesto PIANO), il I° ed il II° Battaglione più due Compagnie del III° Battaglione. Su un altro piroscafo , il "Ravenna", furono imbarcatile le restanti Compagnie nonché i rimanenti Ufficiali del Battaglione.
L’uscita delle navi dal porto di Valona  ed il conseguente ingresso nel Mare Adriatico era molto pericoloso, per la presenza sia di mine che di sommergibili nemici, perciò poco prima della partenza, come da prassi, il Comandante navale -Vice Ammiraglio Enrico MILLO a bordo della torpediniera "Alcione” ispezionò la baia senza aver rilevato alcunché di sospetto. L’intero convoglio, diretto a Taranto e Brindisi, era composto da nove Unità: in testa la Nave Esploratore "Libia", a distanza di sicurezza il Cacciatorpediniere "Insidioso", seguito dal Piroscafo "Principe Umberto" scortato dai Cacciatorpediniere "Espero" e "Pontiere" che procedevano a zig-zag per evitare insidie (mine e siluri), mentre a 3mila metri di distanza seguivano il Piroscafo "Ravenna", il Cacciatorpediniere "Impavido” e due piroscafi diretti a Gallipoli e Taranto.
Il convoglio salpò alle ore 19,00 dell’8 giugno 1916, la navigazione stava procedendo tranquillamente quando il Piroscafo "Principe Umberto", ancora in vista delle luci del porto di Valona, 10 miglia a sud-est di Punta Linguetta, avvertì una forte esplosione: Il panico si diffuse  su tutto l’equipaggio, si gridò "al siluro", la nave colpita al centro si spaccò in due ed affondò nel giro di pochi minuti. Il sommergibile austriaco che aveva silurato con successo il "Principe Umberto" era un U5 il quale faceva la spola tra Taranto e Valona alla ricerca di navi nemiche, civili o militari, che navigavano in quella zona di mare. Probabilmente il suo Comandante (Tenente di Vascello Friedrich Shlosser), non sapeva nulla del convoglio appena salpato da Valona e con l’approssimarsi della sera stava per andarsene e fare ritorno alla base di Cattaro quando sul periscopio si stagliò la sagoma del Piroscafo. Furono lanciati due siluri: uno andò a vuoto, l’altro colpì la nave e successivamente provocò lo scoppio delle caldaie. Fu la più  grande  tragedia  navale italiana: vi perirono 52 Ufficiali e 1764 soldati del 55° Reggimento Fanteria "Marche", e 110 marinai dell’equipaggio.
Per alcuni giorni emersero dal mare sulla spiaggia di Valona decine di corpi straziati ed irriconoscibili che furono sepolti senza nome tra gli ulivi  ai bordi della strada che da Valona sale verso Kanina, creando un cimitero che una volta sistemato fu da tutti chiamato "il cimitero del 55° Reggimento", detto anche il “Reggimento di Treviso”. Quasi ogni paese della nostra Provincia ebbe i suoi caduti in quell'affondamento, e Ponte di Piave non fece eccezione poiché perirono i seguenti concittadini nostri ascendenti: CASTELLAN BRUNO, FOSSALUZZA GIROLAMO, FRACAS INNOCENTE, MANZAN GIORDANO, MENEGALDO BASILIO, MENEGALDO FRANCESCO, PORTELLO AGOSTINO e ZANOTTO MARINO. 
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news pubblicata il lun 30 mar 15