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La provocazione di D'Annunzio agli Austriaci

lun 25 apr 16

Il sorvolo su Vienna di una squadriglia aerea italiana


Era l’agosto del 1918 quando Gabriele D'Annunzio, per celebrare il quarto anniversario della Grande Guerra, decise di mettere in atto un’azione di straordinaria audacia. Un gesto provocatorio nei confronti dell’Austria che sarebbe stato impensabile prima, ma che in quel preciso momento assunse un significato del tutto particolare, la cui valenza fu quella di testimoniare l’inversione di tendenza del conflitto mondiale in corso. Infatti la concomitanza della grave crisi in cui versava l’esercito tedesco sul fronte occidentale della Marna, dove fu ripetutamente sconfitto dagli anglo-francesi ed i loro alleati, associata alla grande umiliazione subita dall’Austria sul fronte italiano, dopo che la grande offensiva progettata dai generali Conrad e Boerovic nel mese di giugno era miseramente fallita, provocò lo sconquasso nell’animo dell’esercito austroungarico, ormai indotto a disperare di una vittoria invano cercata durante la Battaglia del Solstizio e conclusasi invece con una clamorosa sconfitta.
Alle 5,30 del 9 agosto 2018, una squadriglia denominata “Serenissima”, composta di sette velivoli “sva” monoposto ed uno a due posti nel quale si trovavano il capitano Natale Palli ed il maggiore Gabriele D'Annunzio si levò in volo dall'aeroscalo posto nelle immediate vicinanze di Padova. Ogni apparecchio portava un carico di 20 kg di carta stampata; erano dei manifestini denominati “l’arme lunga della gesta inerme”. Dopo aver sorvolato Tolmezzo ed i monti boscosi della Carinzia, quando ormai la sagoma grigia della città di Vienna si stagliava all’orizzonte, purtroppo l’aereo pilotato dal Tenente Sarti si staccò dal gruppo e cominciò a perdere di velocità e d’altezza. Nulla poterono i suoi compagni se non guardare la lenta discesa e formulare mentalmente un triste addio allo sfortunato pilota.
Alle 9,20 la squadriglia “Serenissima”, ridotta a sette unità, giunse sopra la capitale e prese a volteggiare nel cielo viennese, creando sconcerto ma anche meraviglia fra la folla immensa accorsa nelle vie e nelle piazze a vedere le singolari evoluzioni, ma nello stesso tempo anche a chiedersi quali sarebbero state le loro reali intenzioni. La giornata era limpida e ciò permise agli audaci aviatori discendere ad una quota inferiore agli ottocento metri, che consentiva loro di distinguere nitidamente gli edifici, i giardini, le spianate e la folla radunata nelle piazze e nelle larghe vie. A quel punto iniziarono a lasciar cadere a decine e decine di migliaia di copie due messaggi stampati, ove era impressa la bandiera tricolore e due testi, in italiano e tedesco, il primo dei quali recitava così:
"Viennesi! imparate a conoscere gli Italiani.
Noi voliamo su Vienna, potremmo lanciare bombe a tonnellate. Non vi lanciamo che un saluto a tre colori: i tre colori della libertà.
Noi non facciamo la guerra ai bambini, ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra al vostro governo nemico delle libertà nazionali, al vostro cieco testardo crudele governo che non sa darvi né pace né pane, e vi nutre d'odio e d'illusioni.
Viennesi! Voi avete fama d'essere intelligenti. Ma perché vi siete messa l'uniforme prussiana? Ormai, lo vedete, tutto il mondo si è volto contro di voi. Volete continuare la guerra? Continuatela. E' il vostro suicidio. Che sperate? La vittoria decisiva promessavi dai generali prussiani? La loro vittoria è come il pane dell'Ucraina: si muore aspettandolo. Popolo di Vienna, pensa ai tuoi casi. Svegliati!
Viva la libertà! Viva l'Italia! Viva l'Intesa!
mentre il secondo riportava il seguente messaggio:
"In questo mattino d'agosto, mentre si compie il quarto anno della vostra convulsione disperata e luminosamente comincia l'anno della nostra piena potenza, l'ala tricolore vi apparisce all'improvviso, come l'indizio del destino che si volge. Il destino si volge. Si volge verso di noi con una certezza di ferro. E' passata, per sempre l'ora di quella Germania che vi trascina, vi umilia e vi infetta.
La vostra ora è passata. Come la nostra fede fu la più forte, ecco che la nostra volontà predomina.
Predominerà sino alla fine. I combattenti vittoriosi del Piave, i combattenti vittoriosi della Marna lo sentono, lo sanno con un'ebbrezza che moltiplica l'impeto; ma se l'impeto non bastasse, basterebbe il numero, e questo è detto per coloro che usano combattere dieci contro uno.
L'Atlantico è una via che non si chiude ed è una via eroica come dimostrano i novissimi inseguitori che hanno colorato l'Ourcq di sangue tedesco. Sul vento la vittoria che si leva dai fiumi della libertà, non siamo venuti se non per la gioia dell'arditezza, non siamo venuti se non per la prova di quel che potremo osare e fare quando vorremo, nell'ora che sceglieremo.
Il rombo della giovine ala italiana non somiglia quello del bronzo funebre nel cielo mattutino.
Tuttavia la lieta audacia sorprende fra Santo Stefano e il Graben una sentenza non revocabile, o viennesi. Viva l'Italia!
GABRIELE D'ANNUNZIO”
Oltre a questi due messaggi, i sette velivoli italiani lasciarono cadere sulla capitale austriaca tre grandi manifesti, nei quali erano riaffermate le idealità di guerra dell'Intesa e le sue vedute per la pace, definitiva e durevole, promessa ai nemici qualora si fossero arresi. Dopo oltre venti minuti di evoluzioni nel cielo viennese, gli audaci piloti sapientemente guidati dal loro comandante, si allontanarono verso sud-ovest.
Ovviamente la via prescelta per il ritorno non fu la stessa dell'andata, che si sarebbe rivelata pericolosa poiché l’aviazione e l’artiglieria dell’esercito nemico li avrebbero attesi al varco. Dopo aver sorvolato Graz, puntarono su Trieste, traversarono l'Adriatico e si recarono nel cielo di Venezia ove D’Annunzio lasciò cadere un messaggio per l'ammiraglio e per il sindaco, nel quale comunicava la splendida riuscita della grande impresa ed alle 12,40 la squadriglia “Serenissima” atterrò sul campo di partenza. In sette ore e dieci minuti avevano percorso mille chilometri, dei quali oltre ottocento su territorio nemico.
L’incursione “inerme" su Vienna non sortì alcun effetto militare, ma quello morale fu incalcolabile poiché, non solo l’esercito ormai allo stremo, ma anche l’opinione pubblica, si resero conto che le sorti del conflitto ormai erano segnate. Il giornale austriaco Arbeiter Zeitung dedicò un titolo all’impresa italiana ponendo ai lettori una domanda senza risposta: "Dove sono i nostri D'Annunzio?”. L’articolo rese onore al poeta italiano che fino ad allora era sempre stato descritto come un uomo gonfio di presunzione e un fine oratore pagato per la propaganda, ma che invece con quell’azione aveva dimostrato di essere un uomo all’altezza del compito, oltre che un bravissimo ufficiale aviatore. Il giornale austriaco chiuse, constatando che anche fra gli intellettuali austriaci vi erano quelli che allo scoppiar della guerra avevano declamato enfatici poemi, ma nessuno di loro aveva avuto il coraggio di salire su un aereo come fatto da D’Annunzio. E forse fu proprio quella la lode più gradita dallo stesso D’Annunzio per l’impresa compiuta.

grande guerra

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news pubblicata il lun 25 apr 16