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Si è tenuta sabato 31 agosto alle ore 16.30 presso la Casa di Cultura Goffredo Parise di Ponte di Piave la commemorazione in occasione dell'anniversario della morte di Goffredo Parise, avvenuta 38 anni fa, il 31 agosto del 1986.
Come ormai consuetudine nel pomeriggio del 31 agosto nel giardino di Casa Parise, davanti alla tomba dell'autore, si sono raccolti vecchi amici, nuovi lettori, amministratori locali e semplici appassionati per un omaggio a Goffredo Parise nel giorno dell'anniversario della sua scomparsa.
L'appuntamento promosso ogni anno dall'Amministrazione Comunale è un momento per ricordare lo scrittore, sottolineandone gli aspetti umani e allo stesso tempo cogliendone gli elementi di contemporaneità.
Commosso il saluto dell’Assessore alla Cultura Stefania Moro che ha sottolineato il valore di quello che trasmette quella che Parise definiva la prima vera “home” della sua vita, ricordando poi la A di Amore dei Sillabari.
L’intervento commemorativo del Sindaco si è soffermato sul valore imperituro della letteratura che è sempre rivolta al futuro, citando il discorso tenuto da Parise nell’86 in occasione del conferimento della laurea honoris causa all’Università di Padova.
Dello stesso tenore anche l’intervento del Consigliere Regionale Sonia Brescacin che, citando Francesco Maino, ha detto ribadito come in realtà “gli scrittori non muoiono” e come la Casa di Parise a Ponte di Piave ne sia una testimonianza.
Ospiti del pomeriggio Giuseppe Cantele e Claudio Rizzato di Ronzani editore: la casa editrice vicentina nasce nel 2015 e il primo libro pubblicato è proprio un libro di Parise, una selezione dei Sillabari che raccoglie i racconti più legati al Veneto. Da 9 anni poi la Casa editrice organizza nella Casa sul Piave di Parise la Festa della Poesia. Una serie di legami tra persone e luoghi, ha sottolineato Cantele, che in qualche modo sono generati proprio da Parise.
La commemorazione si è conclusa con un estratto audio di un’intervista a Parise del 1983, dove lo scrittore stesso spiega la sua scelta di Ponte di Piave come “patria di elezione”, un luogo dove i legami, l’ambiente e una sorta di sentimento innato riuscivano a dargli un senso di “appagamento spirituale della vita”.
Il pomeriggio è proseguito presso la Casa sul Piave di Parise con la nona edizione della Festa della Poesia di Ronzani.
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Ringrazio tutti i presenti per essere qui a commemorare la scomparsa di un grande autore, Goffredo Parise, che ha trascorso qui gli ultimi anni della sua intensa vita.
Nel 38° anniversario della morte dello scrittore che qui, in via Verdi era venuto ad abitare, abbiamo voluto dare, anche in questa occasione, l'opportunità per ricordare e meglio conoscere il volto dell'uomo Parise e lo faremo attraverso la voce di Beppe Cantele e Claudio Giulio che ringrazio unitamente all’assessore alla cultura e al Bibliotecario Francesco Tiveron per l’importante opera di divulgazione, cura e promozione della Casa Cultura e delle opere del maestro.
Quest’anno voglio ricordare lo scrittore con le Sue parole, grazie alla collaborazione del Centro per la storia dell’Università di Padova, in quello che ha il sapore di un testamento il finale della pronuncia nell’Aula Magna dell’Università di Padova.
Ritorniamo quindi per un momento all’8 febbraio 1986 Aula Magna dell’Università di Padova lectio magistralis di Goffredo Parise in occasione del conferimento della laurea ad onoris causa in lettere.
Quell’8 febbraio 1986 a Padova nevica, e Parise arriva a Palazzo Bo coperto da un pastrano e da una lunga sciarpa: “Non può prendere freddo, ieri ha fatto l’ultima dialisi, si sente debole”, annoterà il giorno dopo su “Repubblica” Stefano Malatesta. Lo scrittore vicentino si sarebbe spento pochi mesi dopo, a 57 anni.
“Sono stato chiamato in questa Università per ricevere una laurea in riconoscimento del mio lavoro, un lavoro che al giorno d’oggi appare anacronistico e persino risibile. Eppure la parola nasce da scriptor e come scriptor essa accede di colpo a dignità.
Sono stato chiamato qui non per aver arricchito una azienda, una famiglia e nemmeno me stesso con il mio lavoro di scrittore. Ma questa Università, orgogliosa sede delle sue discipline umanistiche, mi ha chiamato perché ha ritenuto di trovare nella mia opera, nel complesso dei miei scritti quel nescio quid, quel qualche cosa in più, quella molecola di novità che ha permesso di fare un microscopico passo in avanti alla letteratura italiana.
Di questo rilievo e di questa laurea sono grato al Rettore, alla Facoltà, ai docenti. Quello che l’Università ha ritenuto mi sia dovuto ora mi è stato consegnato.
Tuttavia è giusto dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Il merito, non di Cesare ma di Dio o del destino, va dato soprattutto all’esistenza dell’immaginazione, cioè alla libertà e allo spazio d’immaginazione che per la mia generazione è nato nel 1945 alla fine della seconda guerra mondiale e durato nel mondo circa vent’anni.
Preferivo i poeti, specialmente Montale che in buona parte inventava: suono, lingua, pensiero.
Mi pareva di dover rappresentare la libertà, il caos, su quella lieve spirale di fumo del romanticismo finito proprio pochi mesi prima tra le macerie.
Mi attraevano le cose e la loro sostanza organica e non obbligatoriamente letteraria, l’odore della vita e delle sue stagioni, passando attraverso testi diretti. Fu così che a diciannove anni scrissi il mio primo romanzo, “Il ragazzo morto e le comete”. Cos’era quell’alternarsi di sequenze cinematografiche, in ogni caso visive, quell’amalgama di sogni, di sensazioni, di odori, di muffe e di tombe? La mia idea di fondo era di scrivere un romanzo giallo, figuriamoci: il risultato fu una psycho-game, un intreccio psicotico.
Mi pareva che la poesia dovesse assumersi la prosa e viceversa. Mi pareva che il realismo, il naturalismo della letteratura italiana e non italiana dovessero aprirsi e scomporsi al di là delle regole tradizionali e scolastiche, così come la canzonetta italiana si era aperta al boogie.
Anche la mia ora è passata. Mi piacerebbe molto poter ancora testimoniare da “scriptor” privo di computer, nel modo che è stato riconosciuto come il mio stile, altre avventure del barone di Münchausen, del marinaio Ahmed, del sottosuolo e del pavimento tout court. E forse, chissà, se avrò sufficiente energia potrò farlo! Ma il mood è lontano, sempre più lontano e in ogni caso ce ne fu uno e uno solo.
Forse invece non sarà più possibile perché, se lo stile ha degli eredi, l’arte è come una farfalla senza eredi e capricciosa, si posa dove e quando vuole lei. È inoltre un insetto, come tutti sanno, a vita breve.
Forse invece il momento è venuto che anche la mia opera di risibile scrittore venga infilata in uno scaffale, in quel millimetrato ossario che le compete.”
Profetiche e alquanto audaci sono state le Sue parole, capaci di percepire e interpretare ogni riflessione della quotidianità umana migrando quello stato di amore alla ricerca di un estremo bisogno di vivere.
Parise “in quel millimetrato ossario che le compete” rivendica un luogo a cui ogni lettore può accedere; il lascito testamentario conferma la volontà di condividere la sua eredità letteraria con la nostra comunità e non solo, confidando nella volontà di “quei giovani” preziosi e attenti interpreti della Sua letteratura.
Semplicemente … Grazie Maestro
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Programma
Evento con traduzione simultanea in LIS – Lingua dei segni italiana
Realizzazione a cura dello staff della Biblioteca Comunale – Casa di Cultura Parise
A seguire, alle ore 17.30 presso la Casa sul Piave di Goffredo Parise IX edizione della Festa della Poesia di Ronzani Editore
Per informazioni: biblioteca di Ponte di Piave, 0422858948 – biblioteca@pontedipiave.com
In caso di pioggia l’evento si terrà presso l’Auditorium P. Campaner in via Verdi, Ponte di Piave.
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